F F Tribuna Libera: Dovremo decidere noi

martedì 27 settembre 2016

Dovremo decidere noi






Ci siamo. Il governo ha finalmente deciso la data del referendum costituzionale confermativo: sarà il prossimo 4 dicembre. Saremo a chiamati a dire "si" o "no" alla riforma che modifica ben 45 articoli della Costituzione su 138. Anche questo blog vuole provare a fornire qualche informazione per provare a capirne di più rispetto a quello su cui saremo chiamati a votare. Avremo modo di approfondire nelle prossime settimane i vari punti. Iniziamo oggi, parlando di uno dei temi principali della riforma: il nuovo Senato.




Intanto questa è la scheda elettorale che ci consegneranno al momento del voto:





Chi di noi può essere contro assemblee "inutili", la riduzione dei parlamentari, l'efficienza e il taglio alle spese? Nessuno, naturalmente. Ma le cose stanno veramente come è scritto in questo testo dallo stile di scrittura affascinante? Vediamo un po'. 




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Il nuovo Senato e la fine del "bicameralismo paritario"

In caso di vittoria del "si", il Senato continuerebbe ad esserci, pur non concedendo più la fiducia al Governo. Vediamo cosa farebbe:

Ecco il nuovo art. 55:

"Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato".

Già il fatto che sia previsto che il Senato "partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea" fa capire che non sarà una funzione legislativa secondaria. Oggi infatti le leggi che ci governano sono in grandissima parte il frutto del recepimento di direttive europee; cioè significa che le direttive devono essere trasposte in disposizioni di legge (questo avviene in particolare con la "Legge Europea" e la "Legge di delegazione europea" votate dal Parlamento). 





Il Senato dunque continua ad esistere. Ma come cambia il funzionamento del meccanismo di approvazione delle leggi?



Oggi l'art. 70 prevede, in maniera chiara e semplice:

"La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere". 

Stop.



In nome della semplificazione (che è uno degli obiettivi di questa riforma) il nuovo testo che avremo, se passa il si al referendum, sarà il seguente (leggetelo tutto d'un fiato):



"Art. 70. -- La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all'articolo 71, per le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di senatore di cui all'articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo commaLe stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma. Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati. Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all'esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata. L'esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all'articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti. I disegni di legge di cui all'articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. I Presidenti delle Camere decidono, d'intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti. Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all'esame della Camera dei deputati".



In conclusione, i procedimenti per approvare le leggi 
passano da 2 (oggi) a 10.






Non vorremmo essere nei panni delle matricole universitarie che dovranno preparare l'esame di diritto pubblico, con la nuova versione della Costituzione.





Un caffè all'anno





"Vabbè, dirà qualcuno, ma almeno con questa riforma si risparmia...". E allora andiamo a vedere quanto si risparmia. I cento senatori non saranno più eletti da noi cittadini direttamente ma indirettamente: saranno consiglieri regionali e sindaci (21 sindaci, 74 consiglieri regionali  e 5 rappresentanti scelti dal Quirinale) che, oltre a svolgere la loro attività politica e amministrativa quotidiana, dovranno periodicamente di volta in volta recarsi in Senato per votare. Avranno diritto al rimborso delle spese e all'immunità parlamentare.

La Ragioneria dello Stato parla di un risparmio, dovuta alla non elettività dei senatori, di circa 50 milioni di euro all'anno. Tanti soldi? In realtà, facendo le divisioni, ogni italiano (siamo circa 60 milioni) avrà risparmiato ben 90 CENTESIMI ANNUI. Dunque, dandoci indietro il costo di un caffè all'anno, il cittadino italiano rinuncerà ad eleggere i propri rappresentanti,  lasciando fare questo ai politici (sindaci e consiglieri regionali): si sceglieranno tra loro, interverranno nella formazione di una buona parte delle leggi statali e ci ricompenseranno con meno di un euro all'anno. Forse si confondono i costi della democrazia (le dittature costano meno delle democrazie) con gli sprechi? Ma vengono toccati i veri sprechi?






Tra l'altro nel costo complessivo del Senato, non ci sono solo le indennità ma anche il costo delle strutture, degli uffici, che non verranno smantellati. Non ci sarà nessun licenziamento e il costo del Senato continuerà ad aggirarsi intorno ai 500 milioni di euro l'anno. Però i soldi per un caffè all'anno, come detto prima, i cittadini l'avranno assicurato rinunciando al proprio diritto elettorale. Sempre, naturalmente, che vinca il "si".

A breve torneremo a parlare di altri importanti punti della riforma costituzionale oggetto di referendum. Ne sentirete tante in queste settimane. Ci sarà chi dirà che è la riforma migliore e che comunque è qualcosa in più rispetto all'attuale. Io penso che, se si deve cambiare, bisogna cambiare in meglio, non accontentarsi cambiando giusto per cambiare. Il "si" non è la soluzione dei problemi italiani, così come il "no" non è il rifiuto a riformare la Costituzione per migliorarla.

L'importante è che ognuno di noi scelga in maniera ragionata, conscia dell'importanza del suo singolo voto. Votate come vi pare ma fatelo in maniera documentata e consapevole dei pro e dei contro. I governi vanno e vengono, la Costituzione resta.




Dovremo decidere noi