F F Tribuna Libera: Ecco perchè la scissione del Pd non cambierà nulla

lunedì 20 febbraio 2017

Ecco perchè la scissione del Pd non cambierà nulla




Non che gli altri schieramenti siano granitici (pensiamo alla scissione dei fittiani o Ncd da Forza Italia, o alla microscissione dei radicali o alla guerra correntizia dei Cinque Stelle a Roma) ma, come tradizione,  sono abitudinariamente clamorose le scissioni/ricomposizioni all'interno del centrosinistra italiano. Parliamo naturalmente, notizie di questi giorni, della scissione in corso nel Partito Democratico oltre che di Sinistra Italiana pochi minuti dopo il suo congresso di fondazione. 

Senza entrare nel merito delle varie ragioni, ci interessa capire, nella situazione attuale, quali sarebbero le conseguenze.





Per capire il quadro che potremmo avere nel prossimo Parlamento, bisogna partire ovviamente dalla legge elettorale. Se non venisse approvata una riforma, la legge elettorale per la Camera uscita fuori dalla sentenza della Consulta (che ha dichiarato nulla una parte dell'Italicum), sarebbe un po' diversa da quella del Senato (anch'essa venuta fuori da una precedente sentenza della Corte Costituzionale sul "Porcellum"). Vediamo le differenze, nel caso non si riuscisse ad approvare una riforma:






Al Senato c'è il proporzionale puro, senza capilista bloccati e senza premio di maggioranza. Le liste di partito che si presentano da sole (senza un'alleanza) devono ottenere almeno l'8% su base regionale per poter accedere alla ripartizione dei seggi (a quelle coalizzate basta il 3%). Le liste sono presentate a livello regionale.

Alla Camera invece c'è il proporzionale ma con premio di maggioranza su base nazionale che consente di ottenere 340 seggi su 630 - e quindi la maggioranza - alla lista che abbia ottenuto almeno il 40% (non è prevista la possibilità di presentarsi in coalizione). Se nessuna lista raggiunge da sola il 40%, i seggi vengono ripartiti proporzionalmente tra tutte le liste di partito che abbiano ottenuto il 3% su base nazionale.






Proviamo quindi a disegnare lo scenario. Tutti i sondaggi danno al momento i due principali partiti (Pd, M5s) sostanzialmente alla pari; i partiti del centrodestra singolarmente molto dietro ma potrebbe esserci l'ipotesi che formino un'unica lista, con l'obiettivo del 40%. In tal caso, anche questa lista è accreditata di una cifra intorno al 30%. A questo scenario va aggiunta l'ipotesi della scissione Pd, per cui diciamo che il Pd renziano potrebbe scendere intorno al 23-24% e i fuoriusciti ottenere un 8-10%.

Il dato di fatto è che, essendoci un sistema elettorale proporzionale ed essendo verosimile che nessuno otterrebbe il 40% dei voti per il premio di maggioranza alla Camera (come detto, al Senato non c'è il premio) resta la domanda: che governo e che maggioranza potrebbero nascere in Parlamento? Necessariamente un governo sostenuto trasversalmente (da chi non lo sappiamo ma la matematica dice questo). 


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Diverso sarebbe stato se ci fosse una legge elettorale a prevalenza maggioritaria (come l'ex Mattarellum): rendeva necessarie le alleanze preventive, in ogni collegio si presentava un unico candidato dell'alleanza e anche un voto in più poteva essere decisivo per la vittoria. 

Ma se, come pare, le leggi elettorali resteranno due ed entrambe a impianto proporzionale, il quadro politico è destinato a restare complesso e instabile, con governi e maggioranze eterogenee. I cittadini voteranno il loro partito senza poter sapere che ne sarà del loro voto una volta in Parlamento (in pratica, la politica delle "mani libere" del partito socialista anni '80). 





Con buona pace della stabilità e di politiche chiare e alternative tra loro. Per questo, allo stato attuale, la scissione del Pd non credo sarà particolarmente determinante sugli assetti politici futuri.



Ecco perchè la scissione del Pd non cambierà nulla