Una storia che ci ha raccontato ieri un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno.
CASSA INTEGRAZIONE LEGITTIMA MA IL GIUDICE
DISPONE IL PROCESSO
Per il giudice del lavoro, ed anche per l’Inps, che non ha
appellato la sentenza facendola diventare definitiva, due giovani cegliesi
hanno pienamente diritto alla cassa integrazione. Non è dello stesso avviso il
giudice per le indagini preliminari Paola Liaci che ha andato a giudizio madre,
figlio e nuora per indebita percezione di denaro pubblico. Vicenda singolare,
indubbiamente. Anche se un giudizio civile non necessariamente può modificare
il corso di quello penale. Ma in questo caso il “nonsense” è più che mai
evidente.
I fatti. Una signora di Ceglie Messapica è titolare di una
piccola azienda sartoriale. Dà lavoro al figlio e alla nuora, regolarmente
assunti. La crisi si abbatte su questa azienda familiare e i due dipendenti-figli
vengono messi in cassa integrazione. Nel frattempo, come viene documentato in
sede di procedimento civile, questa azienda riceve una commessa. I due tornano
al lavoro e la cassa integrazione viene interrotta per il periodo che hanno
ripreso l’attività.
Il capannone che ospita l’azienda è molto grande. Nella parte
posteriore la signora di Ceglie ha un piccolo laboratorio. Quando arrivano gli
ispettori del lavoro per un controllo trovano i due giovani che stanno dando
una mano alla madre. Verbalizzano che stanno lavorando nonostante siano in
cassa integrazione. Risultato: madre, figlio e nuora vengono iscritti nel
registro degli indagati della Procura, mentre l’Inps sospende l’erogazione
della cassa integrazione e chiede la restituzione di quanto già pagato.
Si affidano all’avvocato Maria Antonietta Spalluti che
ricorre al giudice del lavoro Raffaella Brocca. Il giudice riconosce il diritto
dei due giovani alla cassa integrazione ritenendo che stessero dando una mano
alla madre invalida civile al centro per cento e non che ci fosse un rapporto
di lavoro e condanna l’Inps che, come detto, non ricorre in Appello facendo
diventare definitiva la sentenza.
Il procedimento penale va avanti, l’avv. Spalluti deposita al
pm Savina Toscano la sentenza del giudice del lavoro. Ma la richiesta di
giudizio viene fatta ugualmente. E non solo: il gup li ha rinviati a giudizio e
ora dovranno essere giudicati dal tribunale penale collegiale.