Se n’è andato Mino Martinazzoli, una delle figure politiche più importanti della storia del Cattolicesimo democratico degli ultimi decenni. Divenne segretario nazionale della Democrazia Cristiana, eletto per acclamazione, nell’autunno nel ’92. Era il momento più difficile per il partito che per quasi 50 anni aveva guidato il Paese. Le inchieste giudiziarie che avevano coinvolto tanti esponenti di quel partito, l’avanzare della Lega al Nord, la difficilissima situazione economico-finanziaria dell’Italia stavano corrodendo le basi del consenso del partito. “Sono qui per trasformare la paura in coraggio” disse al momento del suo insediamento.
Attuò un vero e profondo rinnovamento, fu decisa l’incompatibilità tra la carica di ministro e quella di parlamentare, non furono ricandidati politici coinvolti in inchieste giudiziarie. Guidò, insomma, il partito in quella che ormai era l’inizio della “traversata nel deserto”. Nonostante le teste autorevoli che cadevano sotto le inchieste, non attaccò mai la magistratura, rispettandone sempre l'operato e l'autonomia e continuando a lavorare per il rinnovamento della DC.
Nel ’93, di fronte alla crisi sempre più vertiginosa del partito, gli vennero conferiti i pieni poteri per guidare lo scioglimento della DC nel “Partito popolare” di ispirazione sturziana, per segnare una discontinuità anche nel nome con gli errori della vecchia classe dirigente. Il 18 gennaio 1994 (lo stesso giorno in cui Sturzo lo aveva fondato nel 1919) (ri)nacque così il Partito Popolare Italiano e Martinazzoli ne fu eletto primo segretario. Una parte della Dc confluì invece nel nuovo polo berlusconiano.
Poco prima, nell’estate ’93, Silvio Berlusconi (che iniziava a progettare concretamente la sua “discesa in campo”) aveva tentato di coinvolgere la DC nella nascente alleanza di centrodestra. In un incontro privato, il Cavaliere presentò sondaggi, grafici e studi vari che sostenevano il presunto successo di questa ipotesi. Martinazzoli respinse con un sorriso ironico l’offerta e, congedandosi, disse: “Cavaliere, la politica non si fa con il pallottoliere”.
Il PPI, in alleanza con il Patto Segni e “distante e distinto” da Polo delle Libertà e dai “Progressisti”, ottenne alle elezioni politiche del 1994 (le prime con sistema prevalentemente maggioritario) circa l’11% (il 16% fu il totale della coalizione di centro). La rappresentanza parlamentare dei cattolici democratici risultò radicalmente ridotta ma ciò consentì di salvare l’autonomia di quella tradizione dal “supermarket dei sogni” rappresentato dal nuovo solco berlusconiano. Martinazzoli si dimise il giorno stesso dei risultati elettorali, lo fece con un fax indirizzato alla sede nazionale del partito. Due anni dopo nascerà l’Ulivo e i cattolici democratici torneranno al governo del Paese. Anche grazie a Martinazzoli che ne aveva salvato l’autonomia e li aveva guidati con coraggio nella fase più difficile della loro storia, mantenendo salda la coerenza e l’orgoglio dei propri valori.
Una persona perbene, un politico serio e onesto, un galantuomo di altri tempi che, proprio per questo, abbiamo visto lontano dall’attuale fase storica della politica italiana degli ultimi anni, sempre più triste e deprimente.