Svolgere la professione di giornalista non è sempre facile, soprattutto quando si raccontano vicende drammatiche e delicate come quella che ieri ha lasciato la nostra città sotto choc. Una realtà cittadina in cui direttamente o indirettamente ci si conosce un po' tutti.
Esiste il diritto-dovere di cronaca, che è un diritto sacrosanto e costituzionale: quello dei giornalisti di raccontare e quello dei cittadini-lettori di sapere. Esistono però dei corollari essenziali ed irrinunciabili: la notiziabilità di un fatto (cioè valutare se una vicenda è di pubblico interesse) va ponderata con due altri principi altrettanto irrinunciabili. Sono i principi della pertinenza e della non eccedenza, secondo cui alcuni aspetti (che ledono la privacy di altre persone diverse dal soggetto della notizia) vanno diffusi soltanto se, tra tali aspetti e la notizia vera e propria, vi sia una relazione stretta e certa e se, al contempo, vi sia un interesse pubblico alla diffusione di questi aspetti.
Questo “cappello” iniziale un po' tecnico per parlare brevemente di quello che stamattina abbiamo avuto modo di leggere su alcuni quotidiani locali. I titoli (che, solitamente per prassi, non vengono scritti dall'autore dell'articolo) relativi alla tragedia di ieri non mi sono piaciuti. Per niente. La stampa, non si sa come, avrebbe trovato la causa certa e indiscutibile di un gesto terribile e tragico in una vicenda privata, in una relazione di cui hanno tenuto ad informarci sui tempi e sulla sua avvenuta conclusione. Mi chiedo: perchè rischiare di creare ulteriori sofferenze, sbattendo una persona terza in prima pagina per una cosa rispetto a cui nessuno di noi potrebbe mai farne una colpa, né diretta né indiretta (e di cui certamente neanche la stessa stampa ha voluto fargliene)?
Ho fatto uno sforzo di immaginazione, uno sforzo difficile vista la vicenda, provando ad immedesimarmi nei panni di una persona che, in un momento così difficile, si veda chiamata, seppur indirettamente e senza alcuna colpa (su questo non c'è alcun dubbio), nel circuito mediatico. Ho provato una forte inquietudine. Come si fa a essere certi di cosa ha scatenato la decisione di quel gesto estremo? Chi può leggere nell'animo di una persona e delle sue sofferenze? Consegniamo il privato al silenzio e al rispetto per il dolore di chi voleva bene ad un giovane che non c'è più.
Forse qualcuno non condividerà il mio pensiero. Ribadisco la stima e l'apprezzamento per il lavoro dei giornalisti del nostro territorio che, spesso in condizioni difficili, fotografano quotidianamente ciò che accade, in maniera completa e professionale. E proprio perchè apprezzo il lavoro di ognuno di loro, mi sono permesso di scrivere questo mio pensiero, sapendo che comprenderanno. E anche noi lettori forse dovremmo essere meno alla ricerca di conoscere per forza aspetti che vanno tenuti un po' più separati dalle notizie.
Pur non essendo il blog un giornale, né volendo esserlo, l'invito che faccio per primo a me stesso è provare – tutti noi –, prima di scrivere qualche rigo, a porre a sé stessi la domanda: “E se si stesse parlando di me?”.
Stiamo vicini tutti a chi in questo momento sta soffrendo.