Ha avuto molto successo il cortometraggio "Na nu naschene' cchiù com' a me" pubblicato ieri online e che il blog ha ripreso in un post.
Mi è piaciuto molto questo video - realizzato da
Gianfranco Antico e Vincenzo Suma che ha per protagonista uno strepitoso e
simpaticissimo Cosimo Urso - e che fa tornare alla mente l'intreccio narrativo della
migliore commedia italiana (penso a "Letto a tre piazze" con Totò). Facendo
i dovuti calcoli delle date, la storia dovrebbe essere ambientata nei primi
anni '80 ma, in realtà, è solo un pretesto narrativo potendo benissimo trovare
ambientazione nell'oggi.
Il racconto continua mostrando il
suo passaggio tra i punti più belli della città e del centro storico, alla
ricerca di sè stesso e della sua vita. Troverà che, negli anni, tutto è cambiato.
Quello che lo legava a quella terra che tanto aveva desiderato rivedere è
scomparso (gli affetti e la sua casa). Proverà a raccontare e condividere la
sua storia con altri (per primi con due persone sedute per strada che lo
prenderanno quasi per pazzo) ma nessuno però parrà interessato ad ascoltarla. "Nan ' gi è cambiat proprij Cegghj" dovrà ammettere.
Neanche il prete a cui va chiedere aiuto la ascolterà, anzi penserà solo a spiegargli i particolari burocratici e legali conseguenti alla sua assenza. Resta freddo anche nel comunicare a Cosimo la morte della moglie e, anzi, gliene legge il testamento e gli consegna le cambiali non pagate. Come un notaio. Giunto presso la casa di campagna ereditata, Cosimo scopre che è occupata dal nuovo marito della moglie, risposatasi credendolo morto, il quale non ne vuole sapere di lasciargli la costruzione. Anzi, lo manda via a male parole.
Neanche il prete a cui va chiedere aiuto la ascolterà, anzi penserà solo a spiegargli i particolari burocratici e legali conseguenti alla sua assenza. Resta freddo anche nel comunicare a Cosimo la morte della moglie e, anzi, gliene legge il testamento e gli consegna le cambiali non pagate. Come un notaio. Giunto presso la casa di campagna ereditata, Cosimo scopre che è occupata dal nuovo marito della moglie, risposatasi credendolo morto, il quale non ne vuole sapere di lasciargli la costruzione. Anzi, lo manda via a male parole.
Fino al momento finale in cui, di
fronte al crollo di quelle certezze che lo avevano aiutato a sopravvivere a
migliaia di chilometri, Cosimo scoppia in una lunga, fragorosa risata. E' la
rappresentazione della forza di noi cegliesi che, anche di fronte alle prove
più dure e alle difficoltà che paiono insormontabili, troviamo la forza di non
farci buttare a terra. "Pigghiàma a
'ris" è il detto che rappresenta tutto questo, una vera filosofia dell'esistenza.
Bravi perciò a chi, con semplicità e capacità narrativa, è riuscito a regalarci questa piccola perla di cegliesità e semplicità che diventa allo stesso una grande riflessione sul nostro vivere contemporaneo.
Bravi perciò a chi, con semplicità e capacità narrativa, è riuscito a regalarci questa piccola perla di cegliesità e semplicità che diventa allo stesso una grande riflessione sul nostro vivere contemporaneo.