Credo che la paventata scissione del Partito Democratico sia
un errore storico per il centrosinistra, che potrebbe trascinarsi a lungo. E’ una considerazione che
faccio da cattolico di centro, senza tessera di partito (quindi neanche del Pd),
ma che segue e ama la politica e che vorrebbe una dialettica politica più europea e
chiara, con meno personalismi.
Dieci anni fa il Pd era nato come
esperimento di amalgama tra diverse culture del riformismo, in primis proprio quella
cattolico-democratica (ispirata alla dottrina sociale della Chiesa e che era
stata una componente essenziale dell’Ulivo) e quella della sinistra riformista.
Il dibattito interno, spesso anche vivace, tra storie, sensibilità e tradizioni
politiche diverse purtroppo, nel corso degli ultimi anni, si è trasformato in una
iper-personalizzazione: Matteo Renzi - che pur proviene dal mondo cattolico ma
che nell’azione di governo molte volte pare aver dimenticato i cardini della
dottrina sociale (l’argomento è lungo e andrebbe approfondito in altra sede) - contro gli anti-renziani.
E' quanto di più deleterio per un
partito nato su presupposti diversi da quelli del personalismo, dal partito "padronale" a
quei tempi rappresentato da Silvio Berlusconi e Pdl/Forza Italia e oggi da
fenomeni nuovi come i Cinque Stelle. Questo è stato il più grande errore del
segretario Renzi: non riuscire a rappresentare tutto il suo partito, pur nelle
differenti sensibilità e storie, preferendo un continuo referendum “su” o “contro”
di lui. Il risultato sarà la rottamazione non di un vecchio modo di fare
politica (prospettiva teoricamente apprezzabile) ma dell’intero suo partito e del centrosinistra.
Oggi questo scontro personale ha
portato alla soglia di una scissione, favorita anche dal sistema proporzionale
che verrà. Ma, se bisognerà arrivare al 50%, con chi si alleeranno i due
spezzoni Pd che ne verrebbero fuori? Rifarebbero comunque un’alleanza dopo
essersi "contati" in liste separate? E a cosa sarebbe servito? Di certo, tutto ciò
favorirebbe la destra o i grillini, gli opposti populismi odierni.
Il percorso però pare ormai
avviato e difficilmente potrà tornare indietro. Il Pd resta come una casa di
coniugi che non vanno più d’accordo e vivono da separati in casa. Si può
tentare di rimettere insieme i cocci ma non sempre è facile.
In tutto questo scenario, mi
interessa capire il futuro della
tradizione centrista e cattolica presente nel Pd, una tradizione che negli
ultimi anni è apparsa timida e quasi auto-silenziatasi nel dibattito politico
(nel centrodestra, che si barcamena maggioritariamente tra xenofobia e populismo, la rivendicazione
del popolarismo europeo si è ormai spenta da tempo).
Questa è la preoccupazione: che
ruolo potrà avere un’area fondamentale del riformismo, un'area cattolica e popolare (con
la sua storia gloriosa e con i suoi valori che sono stati anche i valori che
hanno accompagnato la crescita democratica e repubblicana italiana) in questo
scontro finale del Pd? Schiacciata tra la gigantografia del culto della
personalità renziana (con le sue alleanze trasversali e organica con pezzettini della
destra) e una rinascita di una sorta di Fronte popolare di sinistra?
Questo
sarebbe il fallimento non solo del Partito Democratico ma di un pezzo
essenziale della cultura democratica della storia italiana. Una storia che va
oltre i leader e i governi del momento che vanno e vengono. La speranza è che, qualunque sia l’evoluzione politica nazionale, questa tradizione, cattolica e popolare, continui a trovare rappresentanza e forza di idee e personalità che la
rappresentino, anche in scenari che cambiano.