Negli ultimi tempi, prima che al primo punto dell'ordine del giorno delle notizie sui media ci fosse il problema del terrorismo internazionale, uno degli argomenti più gettonati erano le controverse notizie riguardanti alcuni casi che avevano coinvolto esponenti della Chiesa Cattolica. Come è noto, anche tra gli Apostoli, più di 2mila anni fa, c'era Giuda.
In particolare la questione dei soldi, quello che Papa Francesco, ricorrendo ad una definizione risalente ai Padri della Chiesa ha definito "lo sterco del diavolo". La recente scoperta dell'uso disinvolto dell'8 per mille da parte di qualche membro della comunità ecclesiale italiana ha lasciato tracce di sdegno in tanti di noi cattolici.
Ma oggi non parliamo di questo, tutt'altro.
Perchè ci sono esperienze
importanti e vitali che, anche grazie all'8 per mille alla Chiesa Cattolica, vedono la luce, nei punti più lontani e poveri del mondo. E ce ne parla il
Corriere della Sera, in un reportage che vi invito a leggere.
"Se la piccola Merga Gelama tornerà un giorno
a sorridere e giocare, il merito sarà tutto di una straordinaria équipe di
medici e volontari italiani, e di un’Ong, il Cuamm di Padova, che col ricorso all’otto per
mille, e a donazioni e finanziamenti da parte di privati, è riuscita a mettere
in piedi un ospedale del cuore dell’Etiopia più arretrata. Una struttura, l’ospedale San Luca di Wolisso, che è stata realizzata nel 2000 con i fondi
raccolti dalla Conferenza episcopale italiana (Cei) dai nostri contribuenti
(due milioni di euro), e che fornisce oggi assistenza a oltre un milione di etiopi in tre distretti dell’Oromia, la regione
a sud di Addis Abeba, grazie al sostegno fornito dalla Fondazione Cariplo e da altre tre fondazioni filantropiche (Compagnia
Sanpaolo, Cariparo, Cariverona) a un programma sanitario gestito dal Cuamm in
questo angolo rurale dell’Etiopia".
Tra i
medici che ci lavorano c'è la dott.ssa Eleonora Urso, una pediatra milanese responsabile del reparto infantile del San Luca che si è messa in
aspettativa per un anno per accettare questa sfida in Etiopia.
Nelle
vene della dott.ssa Urso scorre sangue cegliese: il suo papà è infatti Cosimo Urso,
nostro concittadino da anni residente a Milano con la sua famiglia, che
abbiamo conosciuto e apprezzato, tra le altre cose, come curatore del libro
"Storia dell'Opera Don Guanella", presentato a Ceglie lo scorso
agosto.
Così
racconta il suo lavoro, intervistata dal Corriere, la dott.ssa Urso:
"Arrivano
vestiti di stracci, in condizioni igieniche disastrose, e con la pancia e le
gambe gonfie. Hanno tutti i sintomi della malnutrizione: gonfiore,
torpore, apatia, pelle che si squama, un sistema immunitario molto debole,
perché mangiano solo kotcho, una farina piena di fibre ricavata dall’enset, un falso banano che riempie la pancia ma non ha nessuna
proteina. Anche se non comunicano però», aggiunge, «i loro occhi dicono
tutto. E i loro genitori, per riconoscenza, ti danno il cuore".
E
anche noi cegliesi siamo orgogliosi e riconoscenti per questo suo grande gesto
di amore e soldiarietà verso gli ultimi della terra.